II gruppo ” Lavanda dei Piedi “

II gruppo " Lavanda dei Piedi " ceto Pescatori

Gesù, dopo l’ultima cena, si accinge a lavare i piedi ai discepoli. Mentre un servo versa l’acqua nella bacinella, Egli si inginocchia con grande umiltà dinanzi ALL'APOSTOLO Pietro che, confuso di tanta degnazione, cerca di sollevare il Divino Maestro.

Già mistere di “Cristo chi lavao li pedj a li Apostoli” o della “Lavanda” è stato affidato dalla Società del P.S. ai pescatori del Casalicchio (quartiere di San Pietro) con la quota di 2/3 di possesso e la rimanente porzione a quelli del Palazzo (quartiere di San Lorenzo), con contratto rogato da Diego Martino Ximenes il 6 aprile 1621. Nello stesso è interessante la clausola che vincolò la marineria del quartiere Casalicchio (la cui chiesa d’adunanza era S. Maria delle Grazie) e l’altra del Palazzo (con chiesa di S. Lucia) ad associare il mistere con venti pescatori tedofori con torce accese in mano, a rispettare l’obbligazione e risarcire l’eventuale danno arrecato alla Società per la mancata partecipazione di qualsiasi tedoforo. Nel 1665 i senatori trapanesi confermarono ai pescatori del Casalicchio la rappresentanza del ceto nelle processioni pubbliche e la preminenza d’associare il mistere con i pescatori del Palazzo, i quali, quattro anni dopo, furono costretti a disporsi “alli fianchi e nel mezzo” del mistere “lotionis peduum”. Inoltre, i senatori accolsero la petizione dei pescatori del Palazzo nel voler costruire il proprio mistere della “cena di Cristo Domini nostro” mai realizzato, da sottoporre all'approvazione della Società del P.S. per l’ottenimento della concessione. Nel 1671, approfittando dei primi subbugli di carestia del grano, con atto notarile i consoli del Casalicchio impedirono a quelli del Palazzo di associare il mistere e resero partecipe della decisione i senatori trapanesi. La diatriba si trascinò fino al 1704, anno in cui ciascuna marineria assunse con patto inderogabile l’onere di condurre in processione il mistere come contrattualmente stabilito nel 1621. Mario Ciotta è l’autore del rimaneggiamento dell’originaria scultura del “maestro dell’umiltà genuflesso dinanzi a Pietro per lavargli i piedi, che lotta col suo discepolo, che si raccapriccia all'abbassamento di un Dio”.

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